Il Crocifisso dei condannati della chiesa
di S. Maria di Costantinopoli
di Avellino
di
Andrea Massaro
Le note struggenti che emana
la musica del dramma musicale dello ÒStabat MaterÓ di Giambattista Pergolesi
provocano nellĠanimo dellĠascoltatore sussulti di mistica piet. Il dolore
della Vergine per la morte atroce del Cristo ha il potere di scuotere la
sensibilit di ogni persona, che attraverso la musica
si sente coinvolta in questo grave momento. Composto dal
musicista nel 1730, lĠopera risente tutto lĠinflusso pietistico del secolo
precedente, quando le opere di misericordia trovarono nelle Congreghe dei
nostri paesi una solida e concreta affermazione. Nate nei secoli XIV e
XV, nel Seicento svolsero con maggior vigore la loro pia missione a favore dei
moribondi e nel culto della piet.
Nella citt di Avellino si costituirono
numerose Confraternite. Tra le tante si ricordano quelle della Vergine dei
Sette Dolori o dellĠAddolorata, della SS. Annunziata, del
SS. Sacramento, dellĠImmacolata Concezione, di S. Maria
di Costantinopoli, di SantĠAntonio, di S. Gennaro e
di tante altre ancora. Le Confraternite cittadine hanno svolto il loro compito
nelle solenni processioni che si tenevano in Avellino durante le cerimonie liturgiche
e nelle funzioni funebri in suffragio dei propri confratelli. La citata
Confraternita dellĠAddolorata curava anche i riti della Settimana Santa, riti
caratterizzati dal silenzio delle campane e della preparazione dei ÒsepolcriÓ
nelle chiese. Il gioved santo,
infatti, le campane delle chiese venivano ÒlegateÓ e le varie cerimonie e funzioni religiose venivano annunciate con speciali strumenti di legno.
Inoltre, le stesse chiese venivano addobbate con
piante di grano fatto germogliare attraverso la macerazione in casa, nei giorni
precedenti. Altra funzione di estrema piet era
rappresentata, poi, dalla processione del Venerd Santo, durante la quale si
snodava per la citt una suggestiva processione, detta dei ÒMisteriÓ. Per moltissimi anni a curare la
processione dei ÒMisteriÓ stato il Municipio di Avellino,
al quale toccava lĠonere di organizzare e finanziare la pietosa cerimonia.
Nella processione, oltre alla statua del Cristo morto e della Vergine
Addolorata, scolpita con il cuore trafitto da sette spade, giravano per le vie di Avellino i cosiddetti ÒMisteriÓ, rappresentati da tanti gruppi di statue di cartapesta
preparati da abili artigiani dellĠaddobbo, i quali attraverso tali composizioni
evocavano plasticamente i misteri dolorosi che si sono accompagnati alle ultime
ore di vita del Cristo, quali lĠultima cena, il Getsemani,
il bacio di Giuda, lĠarresto, la crocifissione e gli altri episodi della
Passione. Montati su panche sorrette da otto persone i ÒMisteriÓ erano
accompagnati dalle Confraternite vestite dai colori
che ne distinguevano lĠappartenenza. Tale usanza stata in vita fino ai primi
decenni del Novecento per scomparire del tutto nellĠultimo dopoguerra. Legato
alla piet religiosa e alle note struggenti del Pergolesi
rimane, poi, il Cristo dei condannati,
conservato nella chiesa di S. Maria di
Costantinopoli. Il Cristo dei Condannati che si ammira nella chiesa di corso Umberto I una stupenda scultura lignea, risalente
con ogni probabilit al XVI secolo.
La scena ed i tratti del dolore che si notano nel
volto del Cristo sulla croce rimandano ai momenti del
dramma consumato sul Calvario dal Dio fattosi uomo per la redenzione di tanti
altri uomini. Per questo il Cristo di legno presente nella nostra chiesa ha
svolto una delicata ed estrema opera consolatoria in molti casi, rivolta a
tanti sventurati negli ultimi attimi della loro vita. Come
noto, la vicinanza del castello, sede del potere politico e giudiziario, e la
presenza delle prigioni cittadine nei pressi della chiesa, lĠarea circostante
stata scelto come luogo di esecuzioni di pene capitali. La Confraternita di S. Maria di Costantinopoli, nei secoli passati, si sempre premurata di assistere i
condannati nel conforto religioso. LĠimmagine pi efficace in questa dolorosa
circostanza era sicuramente rappresentata dalla esposizione
del Cristo sulla croce, condannato a morte malgrado la sua innocenza. Non
bisogna correre molto con la fantasia per immaginare quale spettacolo offriva
il triste corteo dei condannati avviati al patibolo. Una testimonianza toccante
giunta fino a noi attraverso la dichiarazione giurata di un testimone di un
miracolo operato dalla Vergine di Costantinopoli e avvenuto nei pressi della
chiesa agli inizi del Settecento in una circostanza drammatica. LĠavvenimento
riportato nel registro dei miracoli della Chiesa di S. Maria
di Costantinopoli, libro risalente al XVI secolo. In
una di queste testimonianze riportato lĠepisodio che segue.
Un nostro concittadino, tale Domenico Antonio
Testa, il giorno 15 maggio 1766 si porta nello studio
del notaio avellinese Pasquale del Franco per deporre su di un episodio
sconcertante avvenuto circa quarantĠanni prima. Alla
dichiarazione resa nelle mani del notaio assistono, in
qualit di testimoni, lĠorefice Tomaso Ranucci
e Angelo Nevola, anche loro presenti al fatto
accaduto anni prima, e quindi testimoni oculari di quanto dichiarato. Altri
testimoni, per della sola dichiarazione resa al notaio, sono, poi, Aniello Ferraro e Vincenzo Testa. Domenico
Antonio Testa riporta come, verso lĠanno 1720, passando davanti la chiesa di S.
Maria di Costantinopoli un gruppo di condannati, tra
i quali figurava un sacerdote della provincia di Matera, questi rivolse le sue
preghiere verso la chiesa ove, per lĠoccasione e secondo la consueta
usanza, era stato esposto il Crocifisso dei condannati al fine di indurre i condannati ad
un sincero pentimento e chiedere perdono dei peccati commessi durante la loro
vita. Secondo quanto raccontato dai presenti allĠavvenimento il sacerdote
lucano giunto davanti la chiesa ebbe un sussulto nel proprio corpo tale da
potersi liberarsi delle funi e della catena che lo legavano.
Avutosi dallo sconcerto il prigioniero corse subito in
chiesa e si prostr davanti allĠaltare della Vergine lasciando dai suoi occhi
lacrime di consolazione e di riconoscenza profonda. LĠepisodio, straordinario,
colse di sorpresa anche i soldati che conducevano i condannati, i quali
rimasero inerti, ed il loro smarrimento consent al condannato di rifugiarsi in
chiesa, luogo soggetto allĠimmunit territoriale e perci interdetto alla forza
pubblica. Frastornati dallĠepisodio anche gli altri
condannati, i quali non seppero approfittare della circostanza per rifugiarsi
in chiesa. Il miracolato confess, poco dopo, di essere a conoscenza
delle numerose grazie concesse per lĠintercessione della Vergine di
Costantinopoli, per cui cominci a raccomandarsi a lei
fin da quando il mesto corte era giunto nei pressi di Porta Puglia, non lontana
dalla nostra chiesa.
Dopo una giornata e una notte passata a ringraziare
la Madonna il miracolato part per il suo paese. Non trov grazia materiale, ma
si suppone solo spirituale, invece, il notaio Libero Serafini, di Agnone, condannato a morte dal
cardinale Ruffo durante gli ultimi giorni della Repubblica Partenopea. Il
quarantenne notaio molisano fu un acceso patriota del 1799. Al fine di impedire
lĠarrivo a Napoli delle orde sanfediste del cardinale Ruffo, ormai in marcia
vittoriosa dalla Puglia, Libero Serafini raggiunse
Avellino unitamente ad altri patrioti per tentare di fermare il Cardinale
calabrese. Ma ormai il destino dei repubblicani era
segnato. I patrioti furono annientati e Libero Serafini fu
portato il 10 giugno 1799 avanti al Ruffo, giunto nella nostra citt in quel
giorno, che lo condann a morte. Il giorno dopo, a Porta Puglia, si rinnov il
triste cerimoniale dellĠesecuzione. Preparato il patibolo con la forca, il boia
pose il nodo scorsoio al collo dellĠintrepido notaio il quale con un ultimo
grido inneggi alla libert. Lo storico avellinese Serafino Pionati
ci precisa anche il modo col quale il martire giunse al patibolo: Òtrascinamento a coda di cavalloÓ. Sebbene
nel libro dei defunti della parrocchia costantinopolitana
non vi cenno dellĠopera di misericordia svolta dai confratelli della
Congrega, dobbiamo ritenere che anche questa volta il Cristo dei condannati sia
apparso per lĠultima volta agli occhi del nostro patriota, giunto in Avellino
dal paese delle campane per difendere il grande ideale di libert. Sar il
parroco di Costantinopoli ad amministrare al condannato i sacramenti della
Penitenza e dellĠEucarestia. Il corpo di Libero
Serafini fu composto e sepolto, a cura dei fratelli congregati, nella vicina
chiesa di S. Maria di Monserrato.
Siamo sicuri che i nobili ideali di Libero Serafini hanno trovato benevola misericordia agli occhi di Dio,
attraverso il volto pietoso del Crocifisso della nostra chiesa e sia stato di estremo
conforto al povero notaio, molisano di nascita ma avellinese per martirio e
alti ideali di fratellanza e uguaglianza.
A dare emozioni ai fatti innanzi esposti
provvedono, poi, le note del Pergolesi, pregne di
dolore e di tristezza, sentimenti che si affollano tumultuosi nei nostri cuori
di fronte al mistero della morte.