CRONACA DELLA VISITA
DI MUSSOLINI AD
AVELLINO
LE MANOVRE
MILITARI DEL ’36
Di Gerardo Pescatore
Qui un’ampia rassegna fotografica
Dopo l’impresa etiopica con la conseguente
proclamazione dell’Impero il 9 maggio 1936, iniziava per il regime fascista il periodo
del massimo consenso con il coinvolgimento emotivo del popolo e la solidarietà
per la politica mussoliniana anche come reazione alle sanzioni economiche
inflitte dalla Società delle Nazioni.
In questo contesto trionfalistico, amplificato dalla
propaganda martellante di un giornalismo conformistico, esageratamente
adulatorio verso il potere, si pose la decisione di Mussolini di far svolgere
le manovre militari del XIV anno dell’era fascista (le prime manovre militari
dell’Impero) nella provincia irpina, ancora devastata dal disastroso terremoto
del 23 luglio 1930.
Due partiti (l’azzurro comandato dal principe Umberto
e il rosso dal generale d’armata S.E. Guillert) dovevano operare in zone
diverse (alta valle dell’Ofanto e il triangolo Avellino-Montella- Sarno) in
manovre che avevano lo scopo principale dell’applicazione pratica della nuova
dottrina tattica in una guerra di movimento. I rossi, oltre la valle
dell’Ofanto con le funzioni di attaccanti, dovevano travolgere le resistenze nemiche
ed irrompere per annientare gli avversari prima che potessero ricevere i
rinforzi; gli azzurri invece dovevano ripegare, raccogliendosi alle ali per
riprendere al momento opportuno la controffensiva.
L’eccezionale evento venne annunziato sui giornali nazionali e locali con
titoli a caratteri cubitali. Particolarmente ridondanti di retorica le cronache
del Roma e ugualmente reboanti i titoli del Corriere dell’Irpinia, diretto da
Giovanni Sagliocca, uscito in edizione straordinaria.
Il 24 agosto
il re Vittorio Emanuele III, accompagnato dal figlio S.A.R. Umberto, principe
di Piemonte, e dalla sua corte, si incontrò a Napoli con Mussolini, giunto in
trimotore e accompagnato da tutto il regime (il Maresciallo d’Italia Badoglio,
Ciano, ministro degli esteri e genero del duce, i 3 quadrunviri della
rivoluzione De Bono, Balbo e De Vecchi, il segretario del P.N.F. Storace, il
maresciallo d’Italia Badoglio). Poi mentre il re pose la sua residenza
ufficiale a Castel S.Giorgio in provincia di Salerno, il dittatore si trasferì in terra irpina e verso le ore 20
avvenne il suo ingresso trionfale ad Avellino a bordo della sua macchina
sportiva, accolto dalle autorità cittadine (il prefetto S.E. Tullio Tamburini,
il podestà Giuseppe de Conciliis, il federale irpino cav. Vittorio Campanile) e
dall’entusiasmo febbrile di tutta la popolazione.
Procedendo a passo d’uomo, la macchina passò sotto un
monumentale arco di trionfo eretto alla fine del Viale dei platani, costituito
da un’enorme lettera M alta circa 10 metri, sormontata da una targa luminosa su cui era tracciato il profilo del
duce. Un altro arco di rami di lauro si apriva in via Principe di Piemonte, su
cu si leggeva la scritta “Fulgens
imperio Africae tibi laurus Abellini vires” Sulla facciata del Palazzo di
Governo furono disposti dodici fasci littori luminosi.
Il 25 agosto Mussolini lasciò di buon’ora Avellino per ispezionare le zone delle operazioni, dove erano dislocate le forze che partecipavano alle manovre. Fu ad Atripalda e poi a San Potito Ultra e a Volturara alla piana del Dragone dove si ripeterono le scene di esagerato entusiasmo. In serata ritorno ad Avellino, dove al Palazzo del Governo trovò un ospite gradito, il balilla tredicenne Lorenzo Fusco, volontario in Africa Orientale.
Il 26 agosto il
capo del fascismo, dopo aver passato in rassegna i Granatieri di Sardegna da un palco eretto nella piazza d‘armi,
davanti al carcere borbonico, tenne il primo discorso. Nel pomeriggio salì al santuario di Montevergine, dove,
dopo aver ammirato gli innumerevoli tesori d’arte e di antichità del monastero
e aver visitato l’Osservatorio meteorologico, si incontrò con l’abate Ramiro
Marcone, studioso di metafisica, e con la comunità monastica, che lo salutò con
un motto latino:”Vivat ista manus Imperium Italicum regens”. Qualche giorno dopo (il 29) anche il
Re salì al santuario, che già aveva frequentato quando viveva a Napoli.
Mussolini riprese i suoi viaggi, tra entusiastiche manifestazioni,
nella zona delle operazioni. Fu a S.Angelo dei Lombardi, Bisaccia, Lacedonia,
Calitri (valle dell’Ofanto) per trattenersi nei due giorni successivi in
Lucania (a Potenza e a Matera).
Il 30 agosto
fu l’ultimo giorno delle manovre. A conclusione della visita, nel
pomeriggio, ad Avellino, imbandierata e
tappezzata di manifesti, da un podio alto circa 6 metri posto davanti il
palazzo del Governo Mussolini rivolse al folto pubblico che gremiva strade e
balconi un discorso che venne radiotrasmesso dalle stazioni dell’Eiar e
diffuso mediante altoparlanti in tutte le piazze d’Italia.
Il discorso del Gran Rapporto, grondante demagogia e retorica, che la tronfia prosa fascista
iperbolicamente definì storico, si incentrò sui miti della patria e
dell’efficienza dell’esercito, tanto da concludersi con una frase ad effetto
“Abbiamo tirato diritto e così faremo domani
e sempre”. A ricordo, fu murata sulla facciata del
palazzo una lapide. La folla irpina, soggiogata dal delirio di onnipotenza che “tracimava” dalla figura, dai gesti e dalla straordinaria vis loquendi dell’abile oratore, accompagnò l’allocuzione con irrefrenabili applausi e scandendo il nome del duce, illudendosi, anche per la colpevole responsabilità della stampa locale, osannante incondizionatamente l’attività dell’infausto regime, di risolvere i mali e i gravi problemi da cui era afflitta, come scrisse il prof. Giovanni Pionati, testimone oculare e autore di un bel libro sull’evento. Certo, come tutto il polo italiano, era ben lontana dal presagire quali terribili eventi dopo solo qualche anno si sarebbero scatenati. Una fiaccolata intorno al podio e uno spettacolo pirotecnico conclusero la giornata, che, parafrasando il titolo di un celebre film del nostro comprovinciale Ettore Scola, fu per la piccola città di provincia una “giornata particolare”.
La mattina del 31 agosto nella
piana di Volturara sfilarono davanti al re le truppe (60.000 uomini, 200
carri armati, 400 cannoni, 400 mortai, 3000 mitragliatrici, 2800 autocarri),
che rappresentavano, come affermò con la solita enfasi Mussolini nel suo ultimo
discorso, “una modesta, una quasi trascurabile
frazione in confronto del totale di uomini e di mezzi sui quali l’Italia
può oggi sicuramente contare”.
Alle ore 15,15 del 31 agosto
Mussolini uscì dal Palazzo del Governo per recarsi a Salerno, dove in motoscafo
raggiunse il trimotore, che lo aspettava
in mare, per fare ritorno a Roma.