ALFONSO RUBILLI  “ L’ OMME  ‘E  CORE “

di Armando Montefusco

 

 

Il giovane studente

 

Alfonso Rubilli nacque ad Avellino il 18 febbraio 1873 dall’avvocato Achille, originario di Candida e appartenente ad una  famiglia di grandi tradizioni “liberali. Trasferitosi ad Avellino l’avvocato Achille sposò  Giuseppa Plantulli, che discendeva da  una antica e benestante famiglia avellinese. Nello “studio – legale “di Via Mazzas n. 1 , il 1873 donna Giuseppa partoriva il suo terzo figlio a cui venne imposto il nome di Alfonso. Alfonso aveva due fratelli : Alberto , destinato anch’egli all’avvocatura   purtroppo scomparve prematuramente e Nicola , commissario di P.S. . L’ unica  figlia femmina della famiglia ,  Gertrude , scomparsa nel 1952  , visse  con il fratello Alfonso , che accudiva teneramente.

Naturalmente  Alfonso venne iscritto al  glorioso “Liceo Colletta “, che frequentava con grande profitto. Gli unici momenti di “trasgressione” erano quelli dedicati al gioco delle bocce . Con i colleghi di Istituto  , quando il bel tempo lo consentiva, Alfonso si recava verso l’attuale Rione Mazzini, allora “Cupa Villani” e qui ,in aperta campagna, si cimentava in interminabili partite . L’allegra “brigata” era formata da una generazione di giovani destinata ad assumere un ruolo attivo nella vita della nostra provincia; c’erano i fratelli Pasquale e Vincenzo Cannaviello, , Remigio Pagnotta, Eugenio Festa,  Pietro Soldi, Quintino Barattelli , i fratelli Pasquale ,Raffaele e Giuseppe Tecce, il pittore Giuseppe Pagnotta.

Terminati gli studi liceali, Alfonso si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza  presso l’ Ateneo napoletano. Nel 1885 , il padre Achille  era venuto a mancare . L’avvocato aveva considerato  la sua professione  una  missione , per cui non ebbe mai l’opportunità di costruire una  solida posizione economica.  La famiglia si trovò quindi in una condizione finanziaria  tutt’altro che florida , tanto che nel 1890 la signora Giuseppa si vide costretta a chiedere al Comune un sussidio per aiutare suo figlio Alfonso a completare gli studi (Gli vennero accordate 20 lire mensili per sei mesi). Non venne meno comunque neppure  la solidarietà degli amici . Difatti  Vincenzo Cannaviello , anch’egli orfano del padre e di qualche anno più grande , essendosi già laureato pensò di “lasciare” all’amico le lezioni private  ad un baroncino napoletano ,che si preparava per la licenza liceale. A prezzo di duri sacrifici Alfonso si laureava a soli 22 anni ,il 2 agosto del 1895 e cominciò il tirocinio presso lo studio del valente maestro Gennaro Marciano .

Tornato ad Avellino, ben presto si guadagnò un posto di riguardo fra i “campioni del Foro” , per la sua eloquenza chiara e persuasiva  ,  tanto che le sue arringhe  molto spesso venivano riportate su varie pubblicazioni.

 

Il politico

 

I primi approcci alla politica risalgono già agli anni universitari ed in particolare al 1892 quando , fiancheggiando le istanze “socialiste” dell’amico Remigio Pagnotta, insieme a Vincenzo Cannaviello  , Ruggiero Pirone e Pulzone , crearono il giornale elettorale “ Il Momento” (solo 3 numeri) , con il quale “pretendevano” , nell’entusiasmo giovanile , di  contrastare lo strapotere dell’ “idolo di terracotta” Achille Vetroni (1850-1916) , che , sorretto dalla sua potente famiglia, dal 1885  aveva iniziato una inarrestabile ascesa politica conquistando varie cariche politiche, fino a deputato  per ben cinque legislature (1890-1909). Trasformismo , compromesso e soprattutto spregiudicato  clientelismo erano le armi di cui il Vetroni si servì per consolidare caparbiamente il potere. Un potere basato esclusivamente sul carisma << che pone in primo piano la persona e non la funzione>> (G. Moricola).

 Per opporsi allo strapotere  vetroniano , non bastavano l’entusiasmo e la passione giovanile; occorreva una  azione organizzata e lungimirante ; una aggregazione di forze sane, che potesse contare sull’appoggio  della parte meno coinvolta dell’elettorato piccolo-borghese.

 Con questo spirito nacque il 1. febbraio del 1902 “L’unione dei partiti popolari” (socialisti –liberali democratici – radicali ) << Il sistema di potere dei vetroniani sarà messo in crisi solamente nei primi anni di questo secolo , quando nella vita amministrativa avanzerà un modo più articolato e dialettico di fare politica. Quando ,cioè ,cominceranno ad emergere gruppi riformatori, socialisti e radicali che non faranno capo a “camarille del cointeresse “  ma si organizzeranno in partiti e la politica sarà intesa come scontro di idee>> (C. Valentino Ucci) .

Uno dei principali interpreti di questo nuovo modo di concepire la politica fu proprio l’avvocato Rubilli., e  a lui  venne  affidato l’incarico di presentare i programmi e le istanze della “Unione dei Partiti Popolari” . Nella relazione introduttiva egli esordì con queste parole:<< Finora nella nostra provincia , dal 1860 a questa parte non sono sorti che gruppi , i quali si proponevano scopi gretti  e personali (….) oggi per la prima volta si forma un vero partito che ha il suo fondamento in un programma civile e rigeneratore>>.

Finalmente nel 1903, grazie anche ai diversi scandali che avevano investito direttamente la persona di Achille Vetroni, l’Unione dei Partiti Popolari uscì vittoriosa nelle elezioni amministrative. A capo della nuova Amministrazione venne  eletto il socialista Remigio Pagnotta, mentre il Rubilli  ricoprì la carica di assessore. La ventata di rinnovamento, rivolta soprattutto alla moralizzazione della vita pubblica ed alla difesa delle classi meno abbienti, si scontrò inevitabilmente con il corpo elettorale dei proprietari , che ,opportunamente fomentati dai vetroniani , misero in crisi l’Unione dei Partiti Popolari. La crisi si manifestò in tutta la sua consistenza nelle elezioni politiche del 1905 quando veniva eletto  Achille Vetroni rappresentante dei conservatori , battendo Francesco Pironti  candidato dei liberali democratici e Alfonso Rubilli dei Partiti Popolari. Il Pagnotta si dimise da sindaco , ma insieme all’amico Rubilli perseverò , dall’opposizione , nelle battaglie contro il clientelismo e la corruzione. L’opposizione del Pagnotta, comunque andò assumendo sempre di più forme esasperate ed eclatanti che  mal si conciliavano con l’indole moderata del  Rubilli.

Remigio Pagnotta, dottore in matematica , ebbe una vita piuttosto turbolenta : prima lasciò l’insegnamento al Colletta e poi il posto di segretario al Ministero delle Poste, per ritornare ad Avellino << a cantare “ Bandiera Rossa” , a fare il Sindaco , in ultimo il Banchista , con quel cervello tarato , a rovinarsi e rovinare ! …. Alfonso Rubilli che dapprima era tutt’uno col Pagnotta e lo seguiva , quando ebbe ad accorgersi che quello straripava , intelligente , prudente equilibrato qual’era , se ne staccò e fece parte per se stesso>> (V. Cannaviello).

Nelle elezioni amministrative del 1910 i radicali , con a capo il Rubilli, si presentarono divisi dai socialisti . Il Rubilli si presentò con una lista degna di rispetto , composta di professionisti noti per la  dirittura morale e per l’atteggiamento irreprensibile ma moderato : il prof. Vincenzo Cannaviello, gli avvocati Tranquillino Benigni, Giuseppe Tecce, Giovanni Fierimonte, Raffaele Ferrara, Filippo de Petris , Stanislao Serino e l’agrimensore Giovanni Sgrossi.  Quelle elezioni ,al di là del risultato , rappresentarono il punto di svolta  della carriera politica di Rubilli , che , dopo due anni , grazie all’alleanza con i liberali,  e alla mediazione di Ettore Tedesco (figlio di Francesco) ,  venne eletto deputato nelle elezioni politiche del 1913, .  Le elezioni amministrative del 1914 , poi, che videro l’affermazione del gruppo radical-giolittiano di Tedesco e Rubilli , sancirono definitivamente l’affermazione politica del Rubilli . I contrasti con il vecchio amico ed alleato  Pagnotta si riaccesero in occasione dello scoppio della prima guerra mondiale. Contro la guerra il Pagnotta , interventista il Rubilli , come  Guido Dorso il quale sosteneva che << la neutralità avrebbe significato il tradimento di ogni speranza di rinnovamento democratico dell’Italia e del Mezzogiorno. Nella concezione dorsiana la guerra si configurava come un fatto essenzialmente democratico e rivoluzionario , volto sia contro il militarismo germanico e per il trionfo della causa delle nazionalità oppresse , sia contro i vecchi equilibri politico-sociali interni>> (F. Barra).

Nell’immediato dopoguerra la ben consolidata alleanza : Ettore Tedesco- Alfonso Rubilli, si presentò alle elezioni del 1919 sotto il simbolo della Stella. La lista comprendeva personaggi autorevoli dell’intera provincia e quasi tutti appartenenti alla Massoneria, escluso Rubilli.

I risultati delle votazioni portarono all’elezioni di tre membri della lista liberaldemocratica: Ettore Tedesco, Alfonso Rubilli;  F.  Paolo Sgobbo. Nel 1920 , nel governo presieduto da Giovanni Giolitti, l’on. Rubilli ricoprì la carica di Sottosegretario all’Agricoltura Industria e Commercio. Nel delicato incarico volle essere affiancato ,in qualità di segretario particolare, dal suo vecchio amico di scuola Pasquale Cannaviello , allora Capo Sezione del Ministero delle Poste. Con lui, recatosi in missione a Londra, conseguì importanti risultati sulla cooperazione per il commercio italo - inglese.

Grazie all' interessamento del Cannaviello, Avellino ottenne i finanziamenti per la costruzione di un nuovo e moderno “ Palazzo delle Poste”  (inaugurato nel 1929).

Ormai Rubilli era diventato un leader politico  la cui rappresentatività aveva superato i confini stessi dell’Irpinia ; difatti nelle elezioni anticipate del 1921 risultò il primo eletto dell’intero collegio di  Avellino – Benevento – Campobasso.  

Dopo la “Marcia su Roma”  e l’avvento del fascismo , il gruppo radica l- giolittiano , fiancheggiò inizialmente il partito fascista , anche se , ben presto, Rubilli si vide costretto a denunziare pubblicamente - ed anche allo stesso Mussolini - fenomeni di malgoverno e sopraffazioni ( vedi la vendita dissennata del patrimonio comunale e i disordini scoppiati in conseguenza del “delitto Bottazzi”) . Le sue posizioni si andarono sempre di più distaccando dalla politica fascista , tanto che nel 1924  , il nuovo segretario del PNF di Avellino, Cotone, nella sua relazione disse fra l’altro:<< In Avellino la vita del Fascio è insidiata dalla sorda e palese ostilità della vecchia fazione che fa capo all’on. Rubilli>>.  Ed ancora in occasione della rielezione di Rubilli  nel 1924 , l’”Irpinia Fascista” così commentava << Non cerchi di pesare sulla vita politica d’Irpinia . Non glielo permetteremo. I settemila voti pietosamente e faticosamente raccolti non gli danno altro diritto che di indossare , per la cerimonia del 24 maggio , il vecchio frack del 1913” .

Il delitto Matteotti segnò poi il punto di svolta della carriera politica di Rubilli . Pur non avendo aderito all’Aventino , egli fu tra i 15 deputati che il 22 novembre del 1924 seguirono Orlando e Nitti nel negare la fiducia al governo, assumendo così  una posizione di aperto  dissenso con il “regime” (Cfr. F. Barra).

 

L’avvocato

 

Egli preferì allontanarsi dalla politica e dedicarsi con tutto lo slancio possibile alla professione forense. E fu la sua fortuna, come confidava ad un suo “giovane praticante” ,C. Preziosi (il futuro onorevole ).<<  Quasi dovrei ringraziare il fascismo perché mi permette di ricominciare a fare di nuovo l’avvocato e guadagnando>>.

  Rubilli era un valente penalista e già agli inizi del secolo , quando “gareggiava” nelle arringhe  con la “giovane promessa “  Alfredo De Marsico  (1888- 1985) , si era conquistato nell’ambiente forense il nomignolo di “ ’o masto” .  Erano proverbiali le sue arringhe , la sua gestualità , l’uso sapiente del dialetto: << Studiava i processi con attenzione e ricordava ogni piega delle carte processuali  , talchè nella discussione egli non aveva bisogno di avere davanti la copia, anche perché non riusciva a trattenersi dietro al banco degli avvocati . Aveva bisogno di muoversi , di agitarsi di discutere con ampiezza , quasi sempre davanti al Presidente, nell’emiciclo : molto spesso abbandonava il suo purissimo italiano , per trovare nel dialetto l’efficacia di una scena o di un giudizio . Era  di un’abilità veramente unica. Potrebbe anche non essere vero , ma si racconta che in un processo di omicidio passò insensibilmente a parlare di un coltello da cucina, di un temperino, finché il Presidente non sbottò “ Ma avvocato lei adesso mi fa sparire anche il temperino” . Il suo raccomandato aveva ammazzato , nientedimeno , che con uno scannatoio!>> (F. Galasso) .

Nel 1946, venne eletto deputato alla Costituente e fu prescelto quale Presidente della “Commissione degli Undici” , per giudicare le intemperanze dell’on. Andrea Finocchiaro Aprile , capo indiscusso del Separatismo Siciliano. La scelta di Rubilli venne naturalmente dettata dal grande senso di equilibrio e moderazione del “nostro” e difatti riuscì abilmente ad evitare grossi traumi politici con una sentenza di “assoluzione per insufficienza di prove” .

 

Il  grande benefattore

 

Era il  1933 quando l’on. Rubilli concepiva  l’idea di dotare la città di Avellino di una casa di riposo per vecchi di ambo i sessi. Probabilmente il motivo occasionale, che lo spinse  a quel generoso gesto è legato ad un episodio , che suscitò una forte emozione nel suo animo sensibile. In una rigida giornata d’inverno , venne ritrovato morto carbonizzato , un povero vecchio, ben noto alla città e popolarmente chiamato “Neroso” << un misero ed onesto vecchio, quasi idiota>>. Costui, per poter trovare riparo dalla notte, si era rifugiato in una casupola daziaria abbandonata dove in un rudimentale braciere aveva acceso del fuoco per riscaldarsi. Purtroppo durante la notte vi fu la tragedia. Ricordando la fine del povero Neroso, il Rubilli diceva :<< Vi sono scuole , chiese , orfanotrofi ed istituti di beneficenza , ma non vi era nulla , proprio nulla per la vecchiaia triste e povera, poiché a nulla valeva quel rifugio ai Cappuccini in cui  vecchi , e pochi, e solo maschi, vivevano abbrutiti , esposti a continui pericoli , senza cura e senza conforti>>.

La costruzione della “Casa” divenne lo scopo della sua vita. Seguiva personalmente gli arredi ed i servizi . Riuscì ad ottenere ,nel 1938, il decreto reale con il quale la  fondazione veniva inclusa fra gli “Enti Morali”. Finalmente nel 1940 la “Casa di Riposo “ accoglieva i primi vecchi , affidati alle cure delle suore del Gottolengo di Torino , che lui con grande caparbietà era riuscito a portare ad Avellino.

Nel 1948 , nello stesso anno in cui veniva nominato senatore “di diritto” , venne colto da una paresi che lo costringerà a letto per circa dodici anni.

 

La città “adotta” Don Alfonso 

 

 Alla costruzione della “Casa” Rubilli  aveva dedicato tutti i suoi averi, circa un milione, scegliendo di vivere la sua vecchiaia da povero, forse per avvicinarsi di più a quei poveri vecchi , che erano stati al centro delle sue attenzioni. Neppure la casa dove abitava era sua. Si vuole che grazie all’interessamento dei suoi vecchi amici, fra cui il prof. Cannaviello, gli venne assegnato un vitalizio. 

Fu il momento in cui una intera provincia adottava “l’omme ‘e core” , come popolarmente veniva chiamato. Gli amici , le autorità civili ed ecclesiastiche, il Popolino, anche se con discrezione non fecero mai mancare il loro affetto << Andate pure a  trovarlo , tutti che lo amate, ma se proprio non vi riesce , fermatevi dinanzi al negozio di Pepere nelle ore della sera, volgete le spalle al negozio stesso e guardate di fronte a voi nel primo dei balconi al di sopra del Caffè Americano (oggi profumeria Valentino) . In fondo nell’oscurità brilla una lampadina elettrica … Don Alfonso che gli sta tanto vicino sentirà il calore del vostro affetto e vi sarà grato>> (Luca Galasso).

Le cure amorevoli del dott. Santangelo lo sostennero nello spirito e nel corpo. Lucidissimo si intratteneva volentieri ,con gli amici, a parlare della sua “Casa” , che era l’orgoglio della sua vita << Poco poteva e poco ho fatto ; il resto, e meglio di me, lo farà ne sono certo l’Irpinia nostra>>.

Si rattristava solo al pensiero che qualcuno potesse pensare di lui come ad un vecchio misantropo “abbrutito” dalle sofferenze <<  Dichiaro formalmente che questo non è vero , come ben possono attestare coloro , e non sono pochi, che vengono a visitarmi; d’altronde , come è ben noto, è stato sempre diverso il mio carattere ed il mio temperamento , perché la mia casa è stata sempre aperta a tutti . Quindi chiunque vuol venire, senza distinzione di sorta, a visitarmi a dirmi una parola di conforto e di incoraggiamento mi farà cosa assai gradita e farà sempre verso un povero vecchio malato e sofferente una lodevole opera di carità>> .

Il 2 aprile del 1956 , alla vigilia del suo onomastico, Don Alfonso riceveva la visita del prefetto G. Pandozy , del sindaco Amendola e del prof. Cannaviello. Dopo essersi accomiatati dall’amico, il prefetto lanciò l’idea di una sottoscrizione per l’acquisto di un televisore da regalare a Don Alfonso. L’idea venne accolta con grande entusiasmo e pubblicizzata attraverso il Corriere dell’Irpinia . La città si impegnò in una lodevole gara di solidarietà. Intanto il direttivo della Democrazia Cristiana , offrì subito il proprio televisore e così la somma raccolta venne impiegata per l’acquisto di un altro televisore , che fu donata alla “Casa di Riposo”.

Finalmente Don. Alfonso , mediante quel “ prodigioso attrezzo” , poteva ascoltare la S. Messa . Egli era un cattolico convinto, anche se aveva sempre condannato l’ingerenza clericale  nella politica .

Il 7 gennaio del 1960 , all’età di 87 anni, si spegneva la nobile esistenza di Alfonso Rubilli.

 Il prof. Cannaviello  raccolse le sue ultime forze e nella chiesa del Rosario , singhiozzando , pronunciò il suo ultimo “appello”: << Non discorsi, non discorsi. Dinanzi alla salma del migliore e grande cittadino, sublime benefattore che concepì, attuò da solo e ci lascia un Monumento d’amore, un popolo civile e cosciente non fa che quest’Atto: piegare a terra le ginocchia , pregare ,piangere e benedire la sua santa memoria>>.   Dopo qualche mese moriva anche il prof. Cannaviello.

 Armando Montefusco

 

 

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