DAI PIOPPI AI PLATANI

 

di

Andrea Massaro

 

 

Al Viale dei Platani sono legate le pagine più belle della storia di Avellino da vari secoli. L’ombreggiato viale che introduce il passeggero in Avellino ha interessato osservatori e scrittori di ogni tempo.

Le sue testimonianze arboree sono riconducibili al secolo XVII.

Non a caso l’Abate  Gian Battista Pacichelli, nel dare alle stampe nel 1703 il suo studio Il Regno di Napoli in prospettiva, illustrava il viale con fittissimi filari di alberi maestosi, da cui ha preso nome il Viale dei Pioppi, nome dato a tutto il tracciato che partiva dalle Torrette e arrivava all’attuale  Piazza della Libertà.

Soltanto alcuni anni dopo l’Unità d’Italia il tratto stradale compreso tra Via de Concilj e Piazza Libertà sarà intitolato Corso Vittorio Emanuele II, mentre il Viale sarà sempre ricordato nell’accezione popolare come  Viale dei Platani.

A partire dai primi decenni del Novecento il suddetto viale sarà intestato alla Regina Margherita. Anche con questa autorevole denominazione la strada continuerà a chiamarsi nel cuore e nel sentimento popolare Viale dei Platani.

 

Anche la successiva denominazione di Viale Gramsci e quella attuale non hanno cancellato il forte radicamento nella cultura degli abitanti di Avellino mostrato nel corso di vari secoli nell’insostituibile Viale dei Platani.

Come chiaramente appare dalle illustrazioni del Pacichelli, le quali ci mostrano il viale con alberi imponenti, si deve ritenere che la loro messa a dimora sia avvenuta qualche secolo prima cosa questa che  induce a datare agevolmente i filari alberati di Avellino agli inizi del XVII secolo.

I cartografi successivi al Pacichelli, rifacendosi alla sua illustrazione, a volte riprodotta con lievissime modifiche hanno dato eminente rilievo al viale alberato, come appare nella illustrazione dell’Orlando, (Delle città d’Italia e sue isole adiacenti, 1772)  e quella inedita di Tiberio Carafa, riportata nella sua interessante Autobiografia, pubblicata per la prima volta nel mio Avellino - Profilo di una città”, edito nel 1999.

Nei secoli seguenti la piantagione di alberi di alto fusto lungo le principali strade dell’Irpinia è stata sempre al  centro di una saggia politica attuata dagli organi del governo. Nel periodo del Decennio francese l’Intendente di Avellino, il Colonnello Giacomo Mazas, emise un avviso, in data 18 dicembre 1812 nel quale si faceva obbligo ai sindaci dei comuni situati sul cammino della Strada Regia di piantare una seria alberi lungo i cigli della strada consolare che toccava i comuni di Monteforte, Mercogliano, Avellino, Montefredane, Pratola Serra, Pietradesfusi, Mirabella, Grottaminarda, Melito e Ariano. Oltre ai sindaci, l’obbligo si poneva anche a carico dei proprietari di fondi  cadenti nei tenimenti dei comuni suddetti. L’avviso trovò scarsa applicazione nei comuni e nei proprietari privati. Da qui un energico nuovo richiamo, emesso il 3 novembre 1813.

Alla luce di quanto sopra non è difficile ipotizzare nuovi interventi per rinfoltire sempre più il nostro viale oggetto di ammirazione per tanti visitatori capitati in Avellino.

L’aspetto ultimo dato al Viale, molto più suggestivo di quello che appare adesso, si deve allo zelo del Sindaco Catello Solimene, in carica dal 1868 al 70 e poi di nuovo dal 1871al 1884 il quale, a partire dai suoi primi  anni di amministrazione uniformò il grande viale con un sapiente intervento botanico creando dei duplici filari di giganteschi platani cresciuti nel corso degli anni, tali da rappresentare un vero monumento vegetale che ha caratterizzato il rione Speranza e l’area circostante, conferendo un aspetto insolito all’habitat della zona ovest di Avellino.

 

Il viale, per la sua ubicazione, fronteggia per intero tutta l’estensione della caserma “Berardi”. Ebbene, questa caserma, frequentata durante gli anni della seconda guerra mondiale dai giovani allievi ufficiali, mentre dal dopo guerra la caserma è stata adibita a centro di addestramento reclute, ha lasciato il suo ricordo legato ai al Viale dei platani nel cuore e nei ricordi di varie migliaia di italiani passate per le sue camerate nel corso di oltre mezzo secolo. Molti italiani che hanno avuto la ventura di aver svolto il servizio di leva ad Avellino legano il loro soggiorno al ricordo dei poderosi alberi, compagni della loro gioventù durante la libera uscita.

Esiste, inoltre, una diffusa letteratura e un‘ampia saggistica sul Viale dei Platani.

Pagine intense ed emozionanti sulla loro presenza e sul ruolo importante che essi hanno avuto sull’animo di tanti autori. A cominciare dallo storico Francesco De Franchi, l’autore del volume Avellino Illustrato (1703), fino a Cesare Malpighi ( Il giardino d’Italia scene, costumi, impressioni, paesaggi e rimembranze…(1841), ( Renato Fucini, (Napoli ad occhio nudo, (1873), Dante Troisi, (L’Inquisitore della porta accanto  (1987), Carlo Montella (Dov’è Beethowen? (2003), e poi ancora altri numerosi richiami alla suggestiva immagine dei Platani lungo il Viale dai quali prende il nome.

 

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