Le elezioni comunali del 1946 e il primo sindaco democratico di Avellino: Francesco Amendola

 

Di  Gerardo Pescatore

 

 

     Dopo il referendum istituzionale e l’elezione dell’Assemblea costituente (2 giugno 1946) si passò a definire anche l’assetto amministrativo dei comuni, in parte iniziato già nel marzo.  Fu  completato con il turno elettorale dell’autunno 1946, che vide impegnata la città di Avellino, oltre alla metà dei comuni dell’Irpinia, dove le elezioni comunali, già indette per aprile, slittarono, su disposizione della Prefettura,  dietro richiesta dei partiti stessi.

     In tutti i comuni le elezioni si svolsero col sistema maggioritario, tranne che ad Avellino, dove fu fatta a scrutinio di lista con rappresentanza proporzionale trattandosi di capoluogo di provincia e città con popolazione di 36.965 abitanti. (Decreto lgs luog. 7 gennaio 1946 n. 1).

     Il popolo avellinese era atteso a una prova d’appello dopo la vittoria della monarchia nel referendum e il successo  della DC e delle forze moderate all’Assemblea costituente.

     Alle elezioni, fissate per il 24 novembre parteciparono 5 partiti.

     Il fronte dell’Uomo Qualunque, partito fondato dal giornalista e commediografo Guglielmo Giannini e appoggiato dagli industriali che cominciò a diffondersi anche in Irpinia. Candidati di spicco: Olindo Preziosi e Ludovico Testa, direttore del periodico Irpinia economica.  

 

 

    

     Il PLI di Rubilli, che non si alleò con i qualunquisti e candidò come capolista Ferdinando Iannaccone, già assessore tra il ’44 e il ’45 e attuale  segretario del partito.

     Anche il Partito Democratico del Lavoro formò una propria lista, che, sotto il simbolo dell’orologio, era capeggiata da Costantino Preziosi, subentrato alla Camera dopo la morte di Francesco Amatucci.

 

 

 

 

     Il Blocco popolare di Sinistra  raggruppava lo schieramento della Sinistra, che comprendeva Comunisti, Socialisti, il partito d’Azione, i repubblicani, il movimento dei Combattenti. e l’associazione dei partigiane. La lista comprendeva  il comunista Gaetano Iandoli come capolista, il socialista Salvatore Moccia, già assessore tra il marzo44 e il luglio45, il repubblicano Claudio Cecere, l’azionista Francesco Amendola.

     La DC candidò come capolista Vincenzo Di Tondo, fascista della prima ora, sfuggito all’epurazione che colpì chi aveva collaborato col regime fascista, nominato durante l’occupazione alleata dal Comando Militare Americano prima Commissario Civico (sett  43 a marzo 44), poi Sindaco (dal 24.3.44 al 30.7.45) e infine  Commissario Prefettizio.. Una scelta del tutto sbagliata, di cui la DC pagò le conseguenze. Un altro candidato di notevole caratura, suggerito dal vescovo di Avellino mons. Bentivoglio, fu l’avv. Alfredo Amatucci, figlio del deputato Francesco e presidente delle Acli locali.

     La campagna elettorale  fu molto aspra e senza esclusioni di colpi soprattutto nei confronti della D.C. e in particolare contro Di Tondo, del quale il blocco di sinistra con un documento di protesta inviato al prefetto chiedeva per il periodo delle elezioni la sospensione dalla carica di segretario comunale. Questa azione determinò un avvicinamento alle posizioni della sinistra anche dei liberali e demolaburisti.

     Di Tondo fu addirittura accusato di gravi illeciti nella distribuzione di derrate alimentari  destinate ad Avellino. Fu il cosiddetto scandalo del riso scoppiato a pochi giorni dal termine della campagna nel quale Di Tondo non seppe fornire alcuna spiegazione del suo operato.

     La DC, per limitare i danni che inevitabilmente avrebbe subito,  invitò i cittadini a non considerare più Di Tondo come suo candidato. Ma  ugualmente le conseguenze furono disastrose per il partito democristiano, che partiva col favore dei consensi, perchè vide calare i voti ottenuti cinque mesi prima alle elezioni politiche. 

     I risultati serbarono più di una  sorpresa, perchè, pur assegnando la maggioranza relativa alla Sinistra con 3497 voti e il 29,10%,  premiarono consistentemente la lista .dell’Uomo Qualunque che raddoppiò i consensi  ottenuti il 2 giugno  riportando 2931 voti.

     Anche i demolaburisti  ebbero un consistente aumento con 1706 voti, mentre una flessione di 300 voti toccò al PLI  con 2176 suffragi.

     Il grande sconfitto fu il Partito cattolico passato da 3877 voti pari al 25,1%, ottenuti alle elezioni per l’assemblea costituente,  a soli 1709.

 

       Voti  per le liste

Voti

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Blocco popolare Sinistra

    3497

  29,10

Uomo Qualunque

    2391

  24,39

P.L.I.

    2176

  18,10

D.C.

    1709       

  14,22

Democrazia del Lavoro

    1706

  14,19

Totale Voti alle liste

 12019

 

 

(fonte: Comune di Avellino Archivio storico delle elezioni)

 

 

     Dei 40 seggi, di cui era composto il Consiglio comunale di Avellino, i risultati assegnarono al Blocco popolare (col simbolo “Stretta di mano”) il ruolo di maggioranza relativa con 12 seggi. Risultarono eletti Iandoli Gaetano, Moccia Salvatore, Amendola Francesco, Battista Carmine, Galasso Girolamo, Capolupo Enrico, Festa Edoardo, Potente Carmine, Possemato Biagio, Di Popolo Olindo, Di Lorenzo Carlo, Marano Luigi).

L’Uomo Qualunque con 10 seggi vide eletti Preziosi Olindo, Argenio Alfonso, Zigarella Giuseppe, Testa Ludovico, De Feo Ernesto, Tossini Raffaele, Cucciniello Domenico, Gigliotti Antonio, Sandulli Raffaele, Cirillo Oscar,  seguito dal PLI con 7 seggi.(Iannaccone Ferdinando, Santangelo Nicola, Pionati Francesco, Benigni Achille, Gennarelli Nicola, D’Amore Stanislao, Sgrosso Carmine). La  DC in quarta posizione con 6 rappresentanti (Amatucci Alfredo, Cerullo Evaristo, Di Sapio Gaetano, Cerullo Olimpia, Bozzari Marco, Lenzi Giovanni) e i demolaburisti (L’orologio) con 5 (Preziosi Costantino, Apicella Generoso, Flammia Giuseppe, Vitelli Luigi, Festa Guido).

 

(dal settimanale Irpinia Economica del 28 nov.  1946 Anno I,  n. 20)

 

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     Il voto rendeva difficile la formazione della giunta perchè costringeva il blocco di sinistra ad accordarsi con partiti fino a pochi mesi prima avversari, come i repubblicani e i demolaburisti, mettendo fuori dal gioco i qualunquisti e i cattolici. La trattativa si impantanò sulla carica di sindaco, che i comunisti volevano affidare a Iandoli, senza riuscire ad ottenere il consenso degli alleati. Finalmente dopo più di un mese di negoziati il 27 dicembre 1946 fu eletto sindaco  con i 24 voti previsti  il liberale Francesco Amendola (1881-1959), che assunse la carica il 6.1.1947.

  

 

 

 

     Il comm. Amendola, parente dei deputati antifascisti Giovanni e Giorgio, scelto per il passato di autentico democratico e per la riconosciuta onestà e moralità, fu il primo sindaco dopo la liberazione. Sincero democratico, fu amico di Dorso, Antonio Meccanico, l’on. De Caro, Cannaviello e fu in contatto con Croce.

     Guidò una giunta laica e di sinistra, formata da tre Assessori del Blocco di Sinistra: (Gaetano Iandoli, Salvatore Moccia e Girolamo Galasso), due demolaburisti (Giuseppe Flammia  e Luigi Vitelli) e due liberali (Francesco Pionati e Achille Benigni). Fu un’operazione estremamente difficile tenere insieme e conciliare l’ideologia della sinistra comunista con i principi della destra liberale, però il sindaco mantenne la carica  con impegno, dignità e disinteresse, spinto dal dovere di fare il bene pubblico e di far risorgere la città dalle macerie dei bombardamenti americani del settembre 1943.

     Aderì subito alla sottoscrizione per la nascita della Banca Popolare dell’Irpinia, creata allo scopo di favorire la ripresa economica della città. Sostenne anche la Società Filoviaria Irpina.

     Ma le dimissioni di alcuni consiglieri paralizzarono l’operato della giunta tanto da determinare la decisione del prefetto di sciogliere il consiglio comunale (l’8 marzo 1952) e affidare la nomina allo stesso Amendola di Commissario prefettizio fino alle nuove elezioni di giugno che portarono al governo della città la destra monarchica con Olindo Preziosi, Sindaco dal 15.6 al1’8.12.52, e poi con Domenico Cucciniello, che resse il Comune dal 19.12.52 al 22.5.55.

 

 

 

 

 

 

 

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